Ricordi e riflessioni segrete dell'ultimo Gian Burrasca.
170 lire
Questa è la la lettera con cui nel 1961 mio padre sottoscriveva la mia assunzione al CESI
Il parcheggio
Ci fu un episodio per cui giunsi improvvisamente alla convinzione che i miei superiori non fossero
Un capo tuttofare
Al mio matrimonio, celebrato a Garda, un paesino nei monti sopra Edolo,
dato che io ero decisamente minorenne. E poi, per lo stipendio che mi davano,
qualcuno doveva pur obbligarmi ad accettare.
E' interessante notare come allora il CESI durante il periodo di apprendistato elargisse una diaria
per ogni giorno lavorativo a chi, come me, aveva la residenza in una località distante da Milano.
in fondo quelle persone che volevano apparire e alle quali portavo un deferente rispetto (si fa per dire).
Fu all'inizio degli anni settanta, il giorno in cui orgoglioso della mia prima auto,
una 500 usata, ma dotata di tutti i confort indispensabili, ovvero con il sedile lato passeggero ribaltabile
e la leva del cambio sfilabile, decisi di parcheggiarla in uno degli spazi riservati ai grandi capi.
Nel giro di pochi millisecondi, cercando nervosamente di abbottonare, senza riuscirci,
la giacca doppio petto blu di ordinanza, arrivò di corsa l'autorevole custode del CESI, Celio Gregori,
che mi rimproverò con un lapidario:
- Se lei fosse una persona intelligente parcheggerebbe da un'altra parte. -
Fu così che, ragionando su quelle parole, mi convinsi che i capi dovevano praticamente essere deficienti
se parcheggiavano in quel posto
In seguito rimossi questa convinzione, ma ci impiegai molto tempo.
E ancor oggi mi chiedo dove mettano la macchina i custodi.
avevo invitato l'ing. Ottavio Romano Zanetti, mio superiore e responsabile
del reparto Antideflagranti, assieme alla sua consorte ed alcuni altri colleghi del CESI,
alcuni dei quali appaiono in questa foto.
Il biondino con capelli lunghi in seconda fila si chiama Danilo Casarotti
ed è un cugino di mia moglie. All'epoca studente, dopo la laurea si impiegò all'ENEL e oggi è
finito anche lui al CESI. Il mondo è veramente piccolo!
Conscio del mio perenne stato di bolletta Zanetti si offrì di mettermi a disposizione
la sua nuova macchina e di farmi da autista.
Naturalmente la proposta fu molto apprezzata.
Quando arrivò al paesello trovò un piccolo comitato di ricevimento che avevo organizzato
perché tutti potessero vedere e toccare la sua mitica ed elitaria Autobianchi A 111,
targata VR 251293, come fosse una rarità.
E in effetti quel modello d'auto raro lo era veramente, visto che furono pochissimi
in tutt'Italia a comperarlo. Il povero Zanetti dovette poi rivendere l'auto prematuramente,
esasperato dai continui problemi che presentava.
Bisogna ammettere che il suo comportamento come autista fu perfetto e,
saliti gli sposi, fece anche il giro completo della macchina per chiudere le portiere.
Ma non finì lì. Eravamo tutti, ospiti compresi,
in attesa che arrivasse mio fratello, che era a militare, il quale doveva farmi da testimone.
Visto il suo forte ritardo (invece che in licenza era finito in cella di rigore
per aver preso a calci il comandante), chiesi all'unica persona fuori dalle parti, ossia a Zanetti,
di prendere il suo posto.
La risposta fu: - Dio bon, anche questa! -, ma accettò di farmi da compare d'anello.
La sua espressione compiaciuta durante la cerimonia fu sicuramente dovuta
in gran parte alla segreta speranza che divenuto capofamiglia il sottoscritto mettesse finalmente
la testa a posto; desiderio non esaudito però, né allora né mai.